Monte Magro 3300 mt.

Monte MagroMille metri di dislivello nelle gambe, lo sviluppo morbido e bianco sotto di me, una luce liquida che dà forma e profondità a una visione mozzafiato.
Tre Cime di Lavaredo, Marmolada, Croda Rossa, le alpi austriache, la alpi svizzere, tutte al nostro cospetto.
Mi sento audace come solo ” il barbarico YAWP sopra i tetti del mondo”, per citare zio Walt (Whitman).

Solo pochi minuti ancora e ridiscenderemo, sci ai piedi. Soli pochi minuti, ma adesso sono qui, in cima.
Il tempo quassù ha preso una strana piega, vorrei distendermi e aspettare, farmi travolgere dal lento incedere del tempo geologico, quello con cui ha a che fare la montagna.

Il vento modella accumuli sotto di me, mi chiudo nel mio guscio e sorrido dentro.
Non provo un sentimento unico, piuttosto tante sensazioni estreme che si mescolano e mi fanno sentire vivo, un tutto o un niente di fronte a tanto vuoto, cielo, cime, profondità, spazio.

Esercito le rughe della mia interiorità, poco abituate a queste sollecitazioni.
Ammiro in silenzio profili e obliquità innevate.

Ancora uno sguardo alle vette intorno, più basse; i sorrisi sorpresi dei miei compagni; gli ultimi preparativi; acqua, cibo; cambio occhiali.
Si ridiscende.

Non saprei come altro raccontare l’ultimo atto di questa affascinante esperienza durata due mesi e iniziata quasi per caso nella stanza della scuola CAI “Cirillo Floreanini” di Tolmezzo.
Le parole sono troppo grevi per esprimere il concetto di leggerezza, o comunque hanno altro peso specifico.

So solo che adesso, in cima, tutte le riflessioni fatte, le informazioni impartiteci, le incertezze di questi ultimi mesi, in questa pienezza assolata e spazzata dal vento, trovano un loro spazio e un loro ordine naturale.

Finisce così il corso CAI di scialpinismo numero 31, gli occhi pieni di luce e neve (polvereeee!), le membra stanche ma ancora reattive e pronte a improvvisare una discesa memorabile, le tante nozioni su materiali, preparazione e condotta di una gita, su topografia e orientamento, neve e valanghe, stratigrafia e meteorologia, ricerca con ARTVA.

Mi tornano in mente immagini sparse: casera Tuglia, Croda Rossa, forcella Ambrizzola, Corno Alto, il pernottamento al Rifugio Roma, il Monte Nevoso all’alba, e infine il Monte Magro…

E sempre in ordine sparso, quello che ho imparato: che passo dopo passo si arriva, non necessariamente in cima, ma da qualche parte si arriva; che si può anche tornare indietro, senza drammi; che la lentezza è bella, e sa ricompensarti; che puoi parlare con un compagno, ma puoi anche godere del suo silenzio; che nello zaino DEVI SEMPRE portare pala sonda artva, e possibilmente un po’ di sale in zucca; che, parafrasando quella pubblicità, pala sonda artva sono niente senza controllo; che in montagna sei ospite; che però sei ospite anche nella tua quotidianità, senza pelli e sci ai piedi; che non sei fatto della stessa materia dell’ambiente che ti circonda, e per questo devi rispettarlo; che stare insieme in montagna ha comunque un altro sapore; che anche l’acqua e il pane hanno indubbiamente un altro sapore; che le scie che disegni sui dorsi di questi giganti spariranno nel giro di poche ore; che c’è molta filosofia in questo; che la felicità e la tristezza, insomma la vita, hanno tanti volti e altrettante maschere, e che la montagna ti aiuta a toglierle, queste maschere; che sai adattarti; che sai essere autonomo; che è bello condividere la fatica della salita e la gioia della discesa; che quando trovi quella neve, ma proprio quella che intendi e che aspetti da sempre, è impossibile non urlare…

Abbiamo avuto maestri pazienti e preparati, che ci hanno accompagnato con una  gentilezza antica in questo nostro percorso di avvicinamento allo scialpinismo. Ci hanno socchiuso la porta, fatto intravedere cosa c’era oltre la soglia. Ci hanno alfabetizzato con un abbecedario fatto di colori e profili innevati, ci hanno sintetizzato le loro esperienze ultraventennali, ci hanno lasciato liberi di scoprire i segreti dei silenzi d’alta quota.
Perché puoi trasferire conoscenze, non certo emozioni, sensazioni: quelle ce le siamo raccolte per conto nostro.
Ci hanno lasciato sbagliare, perché è meglio sbagliare adesso, con loro lì, in sicurezza, che dopo.
Non sono stati invasivi, ma presenze rassicuranti, che ci battevano la spalla alla fine di ogni salita e che si sono divertiti insieme a noi nonostante l’infinito bagaglio di esperienze che ci divideva.
Li voglio ringraziare, e sanno che è un grazie sincero.

Ho conosciuto tanti compagni e non uno aveva le stesse aspettative, lo stesso passo in salita, la stessa armonia in discesa, le stesse motivazioni, le stesse paure. Eppure in maniera molto naturale abbiamo preso il passo dell’altro, condiviso aspettative, motivazioni e paure.
Le abbiamo scomposte in particelle primitive e trasformate in emozione ed amicizia: è stato bello e facile.

Auguro a tutti gli sciatori, sportivi, amanti della montagna, di poter vivere un’esperienza così profonda e unica. Che ti trasforma e ti compatta, per restare in tema, come la neve al sole; che ti mette alla prova e ti dà il senso della dimensione del creato, della sua bellezza che toglie il respiro e della sua crudele indifferenza.

Chiudo e auguro a me stesso di ritrovare gli stessi compagni e gli stessi istruttori il prossimo anno, di provare ancora questa gioia quasi insensata davanti a tanto bianco e di sentirmi ancora una volta, soltanto una volta, così umanamente inutile e sublimemente essenziale.

Claudio

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