PELLI D’OCA (elogio dello scialpinismo)

Riflessioni ed emozioni di un allievo scialpinista al corso della Scuola Carnica di Alpinismo e Scialpinismo Cirillo Floreanini (di Francesco Brollo)

A secco di parole per raccontare la scialpinistica di ieri, per fortuna arriva in aiuto il post di un amico su Facebook, che rilancia lo scrittore portoghese Pessoa:

È così difficile descrivere ciò che si sente quando si sente che si esiste veramente…

Casera Razzo e poi sella Mimoias, prima lezione pratica del corso di scialpinismo della Scuola Carnica di Alpinismo e Scialpinismo Cirillo Floreanini.

La prima parte della mattina sciamo fuoripista a Casera Razzo, usando per risalire lo skilift a gasolio della Magnifica Regola di Vigo di Cadore. L’abbonamento in cartone, appeso al collo con un filo, ci ricaccia nostalgicamente agli anni ’80; la metrata abbondante di neve che ammorbidisce l’altopiano, ci sospende in un meraviglioso spazio senza tempo.

Sciare fuoripista sta allo sci in pista come nuotare in mare sta al nuoto in piscina. Ci sono le onde, capita di bere acqua salata, è scomodo, ma la sensazione di armonia con l’ambiente che ricavi quando riesci a imbroccare anche solo una curva perfetta è impareggiabile: felicità.

Ecco una motivazione che mi porta a vivere la montagna, d’estate camminandola, da qualche tempo sciandola d’inverno: non lasciarmi sfuggire pezzi di felicità e bellezza che ci circondano e spesso ignoriamo. E farlo in ambiente selvatico, non accomodato e accomodante.

La felicità dorme in letargo ovunque accanto a noi: risvegliamola! mordiamola!

A volte non ci accorgiamo di essere felici se non dopo, nel ricordo di quel momento. Immergersi nell’ambiente di montagna può dare invece immediata consapevolezza della felicità. Ieri è stata una di queste volte.

Lo scialpinismo: nonostante la dozzina di uscite già fatte quest’anno mi rendo subito conto che è cosa diversa dal salire accanto o nei pressi di una pista e poi discenderla, magari con l’appoggio di bar e baite amiche.

Alla prima lezione teorica il direttore del corso ha detto la cosa più semplice e vera: scialpinismo è salire una montagna, poi discenderla. Discenderla tracciando tu la tua propria linea. Una montagna significa tu e lei. E d’inverno significa neve, ghiaccio, rocce e larici spennati. Vento e sole, freddo. Significa prendere coscienza del primo comandamento di chi frequenta le Terre Alte: sii responsabile di ogni atto che compi. Verso te stesso, verso chi ti sta accanto, verso l’ambiente. Una leggerezza (un guanto troppo leggero, un passo sbagliato) quando sei in “ambiente” può far male.

In cambio però ricevi magia. Ricevi te stesso indietro.

Amo l’inverno, fino a che viene voglia di primavera, perché la neve ci consegna una montagna che si mostra nelle cose che contano, ripulita dai tanti colori e fronde delle stagioni miti.

Dopo Casera Razzo, verso tarda mattinata, scendiamo in auto qualche chilometro fino al punto utile per imboccare con gli sci la salita che ci porta a Sella Mimoias. Si procede in gruppi: un paio di istruttori ogni 3/4 allievi. La prima parte ricalca una strada forestale, frequentata anche da quello che ho imparato a riconoscere come lo spauracchio di ogni scialpinista: la persona con le ciaspe che, se dotata di buon senso e creanza, marcia fuori dalle rotaie della pista, altrimenti la maciulla passandoci sopra e rendendola inservibile.

Dopo un terzo di percorso il problema non si pone nemmeno, perché sono gli istruttori della scuola ad aprire la traccia sui pendii in risalita: segno che nessuno ci è stato recentemente e ciò che conquistiamo metro dopo metro sono facce di una gemma meravigliosa. Abeti prima, poi larici: spennati avamposti della flora che in alto si arrende alla quota e alle rocce. Usciti dal bosco sulla destra troneggia il campanile di Mimoias, sentinella dell’omonimo passo, sulla sinistra si alza austera e incantata nel suo grigiore ghiacciato la paretona della creta di Mimoias. Davanti a noi la tanta neve addolcisce il pendio. Ampie svolte in salita ci fan guadagnare quota fino alla sella e poi curve più tormentate (parlo per me) ma non meno esaltanti, raccontano della gioia della discesa.

Chi ama la pista può trovare difficile, perfino irritante, sicuramente scomoda la parte in discesa dello scialpinismo. Cambia la prospettiva ed è un po’ la differenza che si trova tra bici da strada e mountain bike, tra Formula 1 e rally, tra carne cotta al gas e alla brace, tra pizza al forno elettrico e a legna.

Come certi prodotti che vantano le imperfezioni a prova della qualità artigianale, una sciata alpinistica perfetta può essere fatta di sbavature, ripensamenti, tratti a scaletta nel bosco e sgambetti di una radice che impreziosiscono e rendono vera l’esperienza.

Non siamo sicuri se raggiungeremo la felicità, ma siamo alla sua ricerca”, scrive Kilian Jornet nella lista dei valori del suo progetto Summits of my life.

Ricercarla con le pelli agli sci è davvero un buon inizio. Da pelli d’oca.

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